I Segni Della Furia
Signs of fury
Installazione-performance
3 giugno 2019
Murazzo di CaRoman / Venezia
Lavorare sul luogo, vincolo imposto da questo ultimo laboratorio di Arti visive, al termine di tre anni di studio e addentramento nel mondo dell’arte.
Mi sono chiesta varie volte, durante questo percorso, cosa fosse giusto, importante, rilevante fare. Di cosa valesse la pena parlare, secondo me.
Da due anni a questa parte mi trovo particolarmente sensibilizzata sulla questione climatico-ambientale. La consapevolezza effettiva della situazione non lascia indifferenti e nemmeno troppo speranzosi, per essere sinceri.
Il mio approccio alle cose non è pessimista, vuole solo essere un messaggio chiaro, diretto e non giudicatorio.
Una esposizione al problema che non lascia indifferenti. Questo è quello a cui punto in questo ambito.
I SEGNI DELLA FURIA è un lavoro importante per quanto riguarda il mio percorso sino ad oggi. Il processo non è stato semplice ma si è sviluppato in maniera ottimale.
Sono partita con l’idea, il progetto, di organizzare una performance; Una raccolta di rifiuti in spiaggia al Lido Malamocco con un numero importante di partecipanti, una trentina. Ciascuno avrebbe avuto un sacco da riempire per poi trasportarlo in Fondamenta Santa Lucia (davanti la stazione) e compiere un’azione di svuotamento dei sacchi. Non è stato possibile farlo poiché le svariate richieste inviate alle forze dell’ordine non hanno mai ottenuto riscontro.
Trovatami in questa situazione, ho deciso di re-indirizzarmi verso un’idea che avevo avuto durante la giornata passata a Chioggia/CaRoman/Pellestrina.
Nell’ex colonia Mater dei, l’edificio della chiesa e, sulla spiaggia adiacente, la quantità sconvolgente di rifiuti incastrati tra le pietre del molo, mi sono apparse simbolicamente molto interessanti. Ho pensato di raccogliere più rifiuti possibile e svuotarli all’interno di questo luogo di culto. Sono tornata a CaRoman il prima possibile per ricordarmi i luoghi e capire meglio come fare. Arrivata a Pellestrina, il vaporetto non c’era, ho dunque deciso di avviarmi via murazzo, attraversandolo tutto sulla cima. Un momento importante.
Dopo una revisione con i docenti e una riflessione più accurata sul significato di questa azione, la mia convinzione è calata notevolmente. Indagando sulla storia del luogo, estremamente interessante ma di difficile accesso, sono giunta al periodo del 1966, anno in cui, dal 3 al 6 novembre, la laguna ha conosciuto una delle più grandi e catastrofiche alluvioni.
Delle fotografie di un tale Vittorio Crosara sono reperibili, se ben cercate. Ho trovato una serie di scatti fatti a Pellestrina durante l’alluvione e altre 2-3 del murazzo che collega CaRoman a Pellestrina, che avevo attraversato, in post-alluvione.
La situazione era incredibile, il mare aveva sconvolto la terra.
Una foto in particolare mi ha fatto quella cosa che a volte fanno le immagini. Questi massi di pietra spostati dalla tempesta, il murazzo fatto a pezzi dalla furia del mare.
Durante la mia prima attraversata di questo luogo, come mi è solito fare, ho guardato per terra, ambo i lati che mi si presentavano. La suddivisione di mare e laguna. La calma e perfezione estetica del lato lagunare, dove solitamente passeggiano le persone e il lato tempestato del mare.
Il mare è vivo e non viene rispettato. Si esprime. Trasporta l’indecenza davanti a noi. Per noi, però, un muro è retto e la possibilità di ignorare questa realtà è talmente accessibile che non ci impone riflessioni.
Il lato marino dice la sua trasportando i rifiuti che accumula su questa striscia di terra, come fa bene o male ovunque.
Ho constatato, quel giorno attraversando, questa realtà. Quando ho visto la foto di Vittorio Crosara, ho trovato un nesso profondo e sentito a pieno.
La ri-evocazione della situazione immortalata da Crosara attraverso l’esposizione della situazione che mi sta a cuore.
Un nesso tra la furia del mare di allora e la furia del mare di adesso. Il mare che sta per natura, per pianeta Terra, per casa.
Ho raccolto 50 sacchi di spazzatura da 110 litri. Indicativamente 8 ore di raccolta fatti principalmente da sola. 8 sacchi sono stati riempiti da mio padre. L’ho fatto in tutte le situazioni climatiche, pioggia, sole, vento, nuvoloso. Per raggiungere CaRoman da casa mia, a Bassano del Grappa, bisogna contare 4 ore, andata, 4 ore, ritorno. Ho dedicato 5 giornate intere a questo luogo e sono state giornate molto importanti, anche a livello personale. L’interazione con alcuni personaggi abitanti dell’isola sono stati di grande aiuto.
Il mio lavoro consiste in un installazione di questi sacchi sul murazzo in allusione ai massi del murazzo distrutto durante l’alluvione nello stesso punto in cui Corsara ha scattato la sua immagine. Non ho avuto tempo di interagire con quest’uomo ma so che ha scattato queste foto in extremis, che nella vita fa o forse faceva il mestiere di falegname e che vive a Pellestrina.
Sono stata in contatto, fin dall’inizio del mio percorso, con una figura di Veritas per la questione dello smaltimento dei rifiuti. Non so bene come pormi rispetto all’aiuto/sostegno che mi è stato portato da parte loro. Sicuramente l’attenzione è stata notevole ma forse la comprensione, meno. La mia richiesta di smaltire i 50 sacchi dal murazzo ha conosciuto una serie di cambiamenti e, forse, anche una serie di malintesi.
La reazione dei passanti durante la preparazione dell’installazione è stata interessante e incoraggiante. La maggior parte non si è esposta in nessun modo, ritrovandosi d’innanzi una situazione fastidiosa dal punto di vista logistico (le persone in bici dovevano passare in mezzo a questi sacchi) ma vergognosa dal punto di vista significativo. Penso quindi che abbiano evitato di esprimere il loro fastidio per una questione di imbarazzo. Altre persone si sono soffermate chiedendomi se avevo bisogno di aiuto per il trasporto, ringraziandomi, complimentandosi. Una mamma, è venuta con suo figlio da CaRoman, in bici per vedere cosa stesse succedendo, ringraziarmi, condividere il fatto che anche lei e la sua famiglia, cercano sempre di raccogliere quello che possono in spiaggia e che…non c’è molto da dire.
Il mio stare in silenzio, il più delle volte, è una questione di carattere ma rispecchia soprattutto il mio stato d’animo. In questa situazione, ho vissuto momenti di rabbia, disperazione, disgusto, innocenza, colpevolezza, incapacità, difficoltà, tristezza. Non è stata una cosa gioiosa. E’ giusto che non lo sia. È importante che non lo sia.
È importante il silenzio e la constatazione delle cose, l’empatia verso il problema.
La consapevolezza per la trasmissione dell’informazione è quello che vorrei dare, attraverso questo lavoro in particolare.
I segni della furia appartengono a tutti.
Fotografia analogica
Foto 1
Vittorio Crosara
1966
Foto 2
Documentazione della performance
Romane Bourgeois
2019
Documentazione della raccolta
Fotografia digitale
Romane Bourgeois
Murazzo di Ca'Roman
Venezia